Giugno 2022, dal diario di Elena Iodice

Costruzione di radar per catturare le voci del bosco
Laboratorio per famiglie

Quando Alessandra mi ha chiesto di immaginare a dei laboratori per ile famiglie friulane avevamo concordato di utilizzare uno di quelli già pensati per i percorsi che, annualmente, compio nelle scuole.

Ma qualcosa non funzionava.

Come ha detto Ale, quando sei in montagna sei tu a doverti adattare a lei, non il contrario.

Avrei potuto caricarmi in macchina scatoloni di materiali ma poi? Che sarebbe successo quando quegli scatoloni avessero ripreso la strada di casa? Come riprodurre un’esperienza, o portarla avanti, se ciò che ci è necessario non è a portata di mano?

E così, abbiamo smontato tutto. Rivisto il progetto.

I boschi erano appena stati puliti e lungo la strada si trovavano cumuli di rami, rametti e bastoncini.

Saremmo partiti da lì. I bambini ne avrebbero trovati ancora e ancora quando fossi ridiscesa a valle.

Ci siamo immaginate di trasformarli in radar per catturare le voci del bosco durante la passeggiata fotografica a cui ci avrebbe condotto Massimiliano Tappari.

Abbiamo tessuto fili colorati usando i rami come telai. E nell’intreccio di queste variopinte tessiture sono finite carte, avanzi di laboratori precedenti, pigne e perfino etichette destinate ad essere gettate.

“Dobbiamo provarli” mi ricorda Lucio di 10 anni.

Dentro di me spero che qualcuno mi aiuti con un qualche trucco sonoro e ipertecnologico.

Mi allontano, passo il radar sul pavimento e proprio in quel momento, da una finestra aperta, sale la voce di Hervé Tullet che vocalizza suoni indistinti.

Io resto attonita, mi guardo in giro, incrocio gli sguardi adulti che mi interrogano, certi che tutto quello sia stato orchestrato a monte. 

E invece no, non c’era nulla di pensato, organizzato.

È accaduto così per gioco, così per magia.

Basta, allora, abbandonarsi all’incanto.

Avvistamento di Sbilfs

Le leggende della Carnia parlano di strani personaggi, gli sbilfs, leggendari folletti che si aggirano nei boschi, comparendo e scomparendo all’improvviso.

Un nutrito gruppo di scienziati bambini, dotati delle più avanzate tecnologie, è riuscito finalmente a documentarne la presenza. 

Pare che Alberto Angela si stia mangiando le mani per non aver partecipato in prima persona a questa epocale scoperta.

Ecco allora il “Cjalciùt”, che si siede sul petto di chi dorme e ne disturba il sonno; il “Bergul”, che si diverte a far inciampare la gente; il “Pavâr”, che abita negli orti e conosce tutti i segreti delle coltivazioni, dei ritmi lunari, delle stagioni ed aiuta volentieri chi ama la natura; il “Bagan” è lo sbilf della stalla, ama gli animali, ma è un po’ lunatico; lo “Zuan”, è girovago, sempre alla ricerca di un bel posto dove schiacciare un pisolino, con l’hobby della raccolta di tutto quello che trova; il “Mazzarot”, ha la risata sardonica, che si mimetizza perfettamente nelle ceppaie dei faggi ma, a volte, si rende visibile con i suoi sgargianti vestiti rossi. 

In attesa di pubblicare la scoperta su Science la anticipiamo qui.

Microfoni per amplificare la voce del vento

Un’attività nata sul luogo e sul momento, mettendo in gioco i rami raccolti sul posto e una ricca varietà di carte veline, argentate, da pacco, cellophane trasparente, adesivi colorati, fili, per far suonare il vento e vederlo danzare.

Arriva l’ultimo giorno e il materiale comincia a scarseggiare né è pensabile di comprarne di nuovo.

Abbiamo rami a volontà, però, e un buon numero di carte, acetati, pellicole, adesivi, veline a rotoli di alluminio.

In valle soffia un po’ di vento: i ritagli suonano, sfrigolano, scricchiolano.

E allora immaginiamo di costruire microfoni per venti canterini, amplificatori di quei suoni che riempiono ogni giorno le valli passando tra alberi e fili d’erba.

Oggi alcuni di questi microfoni coloratissimi sono piantati tra i fiori in Val di Lauco per  ricordare a tutti quelli che si inerpicano fin lassù che bambini e bambine possono reinventare il mondo.